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Le proposte di riforma di CGIL CISL UIL

Nuove regole per la pensione

Presentate al ministro del lavoro Andrea Orlando


Nei giorni scorsi, Ignazio Ganga, segretario confederale CISL, ha inviato al ministro Orlando una serie di proposte di riforma del sistema pensionistico, elaborate insieme ai colleghi di CGIL e UIL, per aprire subito il tavolo affinché si preparino le misure in vista della scadenza di Quota 100, la legge che fino alla fine dell’anno consentirà di andare in pensione anticipata a chi ha almeno 62 anni d’età e 38 di contributi.


Di seguito, vi presentiamo le idee di revisione che i sindacati hanno previsto, così come presentate sul sito del Corriere della Sera

 

Lo «scalone»: dal 1° gennaio 2022 in pensione a 67 anni
Dal primo gennaio 2022, senza una nuova legge, si determinerebbe uno «scalone» di 5 anni, in quanto l’età richiesta per la pensione di vecchiaia sarebbe di 67 anni.

Ma vediamo nel dettaglio le proposte dei sindacati per evitare lo scalone e dare regole nuove e praticabili per andare in pensione (anticipata) prima dei 67 anni.

 

Età flessibile (a partire dai 64 anni)
La prima riguarda la cosiddetta «Età flessibile». Si tratterebbe di estendere quanto previsto dalla legge Dini per chi ha tutta la pensione nel regime contributivo (coloro che hanno cominciato a lavorare dal 1996 in poi) anche ai lavoratori più anziani che stanno nel regime misto (retributivo fino al 1995, contributivo dopo).
La Dini consente il pensionamento a partire da 64 anni d’età a patto che la pensione maturata sia di importo pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale (ovvero circa 1.288 euro al mese). Secondo Cgil, Cisl e Uil l’età dovrebbe essere abbassata a 62 anni, il calcolo restare misto e la soglia di accesso ridotta a 1,2-1,5 volte la pensione sociale. Richieste che difficilmente potranno essere accolte, mentre la semplice estensione dei 64 anni con l’assegno calcolato tutto col contributivo ha più chance di diventare una base di discussione.
Secca, infine, la proposta sulle pensioni d’anzianità, oggi possibili a 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), a prescindere dall’età. La soglia, dicono Cgil, Cisl e Uil, va abbassata per tutti a 41 anni. Era anche la posizione della Lega di Matteo Salvini, prima di tornare al governo.

 

Lavori gravosi, nuove regole per l’uscita anticipata
Lavori gravosi. I sindacati dicono che l’Ape sociale e le norme sui lavoratori precoci e le attività usuranti sono insufficienti. Riguardano «poche migliaia di lavoratori ogni anno», dice Ghiselli.
L’Ape sociale permette il pensionamento anticipato (a 63 anni) solo a una quindicina di categorie e a patto che si raggiungano 36 anni di contributi (30 anni in alcuni casi). Il precedente governo ha istituito una commissione sui lavori gravosi. «Noi pensiamo che la platea delle attività gravose debba essere ampliata comprendendo i lavori manuali o simili e prevedendo o l’uscita anticipata o che il coefficiente di trasformazione sia premiante, così da compensare chi va in pensione prima o dare un assegno più alto a chi invece sceglie di restare».

 

La pensione delle donne e delle lavoratrici con figli
Donne. Vanno valorizzate le lavoratrici con figli e il lavoro di cura (disabili, anziani). Come? La proposta sindacale prevede di estendere il meccanismo della riforma Dini riservato a chi ha cominciato a lavorare dal 1996 in poi, che prevede per ogni figlio, fino a un massimo di tre, 4 mesi di abbuono. Significa, per esempio, che una lavoratrice con due figli può uscire 8 mesi prima oppure, se non lo fa, avere 8 mesi in più di contributi ai fini dell’importo della pensione.
Cgil, Cisl e Uil propongono di aumentare questo premio a un anno per figlio e di estenderlo ai lavoratori che lavorano da prima del 1996. Inoltre, propongono un abbuono di un anno per ogni 5 anni di lavoro di cura.

 

I giovani e i lavoratori precari: l’incubo degli assegni ridotti all’osso
Giovani. Il problema riguarda i lavoratori che stanno interamente nel regime contributivo che, a differenza del retributivo, non prevede l’integrazione al minimo della pensione. Questo significa che i lavoratori precari rischiano di avere degli assegni da fame. Per evitarlo i sindacati propongono non un puro e semplice ritorno all’integrazione uguale per tutti a prescindere dalla carriera lavorativa, ma un sistema di valorizzazione dei buchi contributivi e dei periodi di part time così da compensare l’assegno in rapporto al percorso lavorativo svolto.

 

Potere d’acquisto e indicizzazione dell’assegno pensionistico
Quella sul potere d’acquisto dell’assegno pensionistico da preservare è una vecchia richiesta di Cgil, Cisl e Uil: ma come si migliora il potere d’acquisto delle pensioni? Non si tratta solo di ripristinare la piena indicizzazione al costo della vita per le pensioni medio-alte, dice Ghiselli, ma «soprattutto di rafforzare la platea e l’importo della quattordicesima, aumentandola da mille a 1.500 euro e di estendere ai pensionati le detrazioni (bonus fino 100 euro) previste per i lavoratori dipendenti col taglio del cuneo».

 

Fondi pensione: un nuovo semestre di silenzio-assenso per la previdenza complementare
Fondi pensione. In Italia non sono mai decollati. Riguardano la parte più forte dei lavoratori: maschi, col posto fisso e retribuzioni medio-alte. I giovani e le donne, specialmente se precari e con bassi stipendi, non sono i grado di pagare i contributi anche per la previdenza complementare, oltre che per quella obbligatoria Inps. Per ampliare le adesioni ai fondi pensione, i sindacati propongono un nuovo semestre di silenzio-assenso (passati sei mesi dal termine fissato dalla legge si viene iscritti automaticamente al fondo, a meno che non ci sia stato un rifiuto esplicito) e strumenti per incentivare i lavoratori precari, e le piccole imprese.

 

Il contratto d’espansione e la pensione con 5 anni d’anticipo
Come finirà? È evidente che queste proposte hanno un costo elevato. I sindacati non lo hanno quantificato. Dal Sindacato si spiega che, in particolare, consentire alle persone di andare in pensione prima (per esempio a 64 anni) comporta sì un aggravio di spesa all’inizio ma poi si risparmierebbe perché «ormai tutte le pensioni sono per la maggior parte calcolate col contributivo» e quindi meno generose. Il governo è interessato ad aprire il confronto.
La fine di Quota 100 incombe e anche l’esecutivo vuole evitare lo «scalone», ma deve tener conto delle preoccupazioni della Commissione europea, allarmata per il continuo aumento della spesa pensionistica in Italia. Secondo gli esperti, forme di uscita anticipata potrebbero comunque far comodo tenendo conto che una parte di coloro che perderanno il lavoro per la crisi Covid sono difficili da ricollocare. Per questo si punta sull’estensione del «contratto d’espansione» alle piccole imprese. Ora è applicabile alle aziende con più di 250 dipendenti che devono ristrutturarsi: con un accordo sindacale, che deve contenere anche un programma di assunzioni, si possono mandare in pensione anticipata fino a 5 anni i lavoratori (i primi due a carico della Naspi, il resto dell’azienda). Ma per i sindacati i contratto d’espansione da solo non basta.



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